Con lo scoppio della guerra
il «via» all´eccidio dei minorati

La «legge per la prevenzione di una nuova generazione ereditariamente tarata», con la quale Hitler, appena qualche mese dopo l´ascesa al potere, aveva decretato la sterilizzazione coatta di alcune centinaia di migliaia di persone, non era per lui nulla di più di una misura profilattica nell´ambito del programma di «rigenerazione» razziale e nazionale perseguito dal regime. Ora bisognava affrontare una tappa ben più impegnativa sulla via che si era incominciato a percorrere, mentre all´orizzonte si poteva intravedere il traguardo del genocidio.

Propaganda des NS-Schulungsamtes. Già nel corso del congresso del partito nazionalsocialista del 1935, a conclusione di una relazione sulle misure adottate, il presidente dell´ordine dei medici, Wagner, prospettò a Hitler l´opportunità di una estirpazione globale dei malati e deficienti mentali. La risposta del Führer fu positiva, a conferma dell´interesse del regime ad un tema considerato di vitale importanza nell´ambito di una politica di coerente igiene razziale. Sul piano pratico, egli fece però presente che per evitare le prevedibili reazioni negative soprattutto all´estero, l´attuazione dei provvedimenti relativi doveva essere rinviata fino ad un eventuale conflitto bellico con relativa situazione di emergenza atta a consentire uno svolgimento indisturbato dell´operazione. Nel frattempo si sarebbe dovuto preparare il terreno sul piano propagandistico interno e su quello organizzativo, senza impegnare direttamente il regime. E fu quanto accadde: nulla venne trascurato al fine di presentare in una luce sfavorevole la «zavorra umana» dei ricoverati negli ospizi.

Se gli ambienti ufficiali evitavano prese di posizione sull´eutanasia, via via che la Germania si stava febbrilmente riarmando a sostegno delle proprie rivendicazioni territoriali ed all´insegna di una politica bellicista, l´attenzione del governo si rivolgeva agli istituti di cura e di assistenza, retti in buona parte da organizzazioni religiose. Vi fu una presa di posizione del presidente della Caritas nel vescovado di Fulda prof. dott. Thielemann, che in una lettera al presidente della provincia dell´Assia-Nassau, Traupel, ebbe ad affermare che per i cattolici e quindi per gli istituti sotto la loro guida l´educazione degli alunni non poteva mirare, come fine più alto, a farne dei tedeschi bensì dei figli di Dio. Il destinatario, che era un alto papavero delle SS, rispose che l´unica risposta possibile a questa presa di posizione doveva essere il ritiro di tutti i malati ed allievi dagli istituti cattolici e il loro trasferimento in quelli a direzione statale, per i quali l´educazione a cittadini tedeschi costituiva l´obiettivo più elevato. Effettivamente si ebbero non pochi trasferimenti di pazienti ricoverati in ospizi diretti da istituzioni non solo cattoliche ma anche protestanti ad altri sotto controllo statale, destinati nel giro di qualche anno a diventare docili strumenti del programma eutanasico. Nel contempo vennero avviate le procedure di esproprio di altre strutture a guida religiosa.

I vertici del partito, consapevoli delle reazioni che l´eutanasia avrebbe finito per provocare da parte cattolica, ave vano frattanto dato l´incarico ad un noto teologo di redigere una perizia sull´atteggiamento della Chiesa romana in merito. L´iniziativa era partita addirittura dalla Cancelleria del Führer, un ufficio inizialmente costituito da pochi dipendenti per il disbrigo della corrispondenza di natura prevalentemente privata diretta al capo dello stato, e che si era successivamente ampliato ed organizzato dopo che gli erano stati accollati i compiti per i quali non era gradito od opportuno un intervento «ufficiale» di Hitler. Il teologo interpellato, il prof Mayer di Paderborn, si limitò ad illustrare le varie concezioni di fonte cattolica sull´argomento, concludendo con la constatazione che la gran parte dei teologi condannava l´eutanasia.

Poi, verso la fine del 1938, si registrò il «caso Knauer», dal nome di un genitore che si era rivolto direttamente a Hitler per impetrare l´uccisione del figlio, nato con molteplici, gravi minorazioni. La richiesta venne esaudita previo consulto di vari specialisti alfine di accertare le condizioni del bambino. La vicenda fu resa pubblica ma in maniera discreta, in omaggio alla politica del riserbo osservata dal regime sul tema.

Nell´estate 1939, con la guerra ormai nell´aria, i preparativi dell´«operazione eutanasia» culminarono nell´incarico di curare l´organizzazione del tutto, conferito dal dittatore al suo medico personale prof. Karl Brandt, commissario del Reich per l´apparato sanitario e generale delle SS, ed al «Reichsleiter» Philipp Bouhler, capo della Cancelleria del Führer (KdF), anch´egli alto ufficiale delle SS. La regia venne affidata alla KdF al fine di evitare il coinvolgimento ufficiale del governo e del partito.

Il conferimento dell´incarico si tradusse, all´atto pratico, in un´autorizzazione scritta: poche righe di tenore generico con cui ai due interessati si accordava il diritto, sotto la loro responsabilità, di affidare a certi medici da designare la competenza a decidere a favore di una «morte misericordiosa» per malati incurabili, previa valutazione quanto mai approfondita delle loro condizioni. Lo scritto era stato tracciato su un pezzo di carta senza intestazione ma recante in alto a sinistra l´effigie dell´aquila, simbolo del Reich. Nessuno avrebbe potuto immaginare, leggendo quelle poche righe con in calce la firma autografa di Hitler, le loro conseguenze, comportanti l´annientamento di alcune migliaia di bambini e di 70.723 adulti. Quest´ultima cifra si riferisce al periodo fino al 24 agosto 1941, data dello «stop» ufficioso che peraltro non pose affatto fine alla strage dei malati. Essa continuò anzi per alcuni mesi nel territorio del Reich, intensificandosi successivamente nelle regioni occupate dell´est.

Hitlers order from Oktober 1939 backdated 1. September 1939 All´atto della firma di questo documento, retrodatato al 1. settembre 1939, cioè alla data dell´inizio della seconda conflagrazione mondiale (ma in realtà sottoscritto un mese dopo), il Führer sottolineò esplicitamente l´importanza di mantenere il massimo segreto sull´operazione per non offrire il fianco a reazioni malevole all´estero e per non porre in allarme le vittime e la loro cerchia.

Ma già alla fine di luglio Bouhler e Brandt avevano convocato a Berlino un gruppo di 15-20 medici ritenuti politicamente affidabili per illustrare loro l´obiettivo da raggiungere. Si trattava - egli disse - di «liberare» una certa parte, il 20 per cento circa, dei posti e del personale degli istituti di cura ed assistenza, in vista dell´emergenza bellica, grazie all´eliminazione di esistenze puramente vegetative. Gli ospiti da «allontanare» venivano valutati in 70 mila circa. Come anticipato dal Führer già nel 1935 a Wagner, si stava infatti realizzando la condizione dello stato di guerra per l´attuazione del programma nazionalsocialista di «risanamento biologico» del corpo nazionale.

Bouhler fu in grado di precisare ai convenuti che il problema era stato da tempo approfondito da Hitler e che una parte del lavoro preparatorio era già stata compiuta. I medici presenti avevano piena libertà di accettare o rifiutare il loro impegno nell´operazione, ma erano comunque impegnati al silenzio. Era previsto un sistema di perizie per accertare le condizioni dei soggetti e decidere la loro sorte. Quelli da «scartare» dovevano affluire in pochi istituti adibiti al «trattamento finale» e prescelti in base ad aree regionali d´influenza nonché tenuto conto della disponibilità a collaborare dei sanitari responsabili delle strutture. Tutti accettarono di buon grado di offrire il loro contributo allo sforzo bellico che la Germania si preparava a soste nere, secondo quanto avevano sottinteso gli oratori. Soltanto uno dei partecipanti si disse indisponibile a causa dei suoi gravosi impegni, pur esprimendo favore per l´operazione eutanasia.

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