Caccia agli alienati nei territori polacchi occupati

Il Führer aveva indicato nella guerra l´occasione per realizzare l´eutanasia, approfittando cioè dell´emergenza bellica quale schermo per i suoi crimini. Puntualmente, con la fine delle ostilità in Polonia si aprì la caccia agli alienati, ai danni sia di pazienti polacchi che tedeschi. Già il 15 ottobre vennero liquidati, nel manicomio di Owinska presso Poznan, un migliaio di ricoverati di cittadinanza polacca, mentre in una data compresa fra l´ottobre e il novembre si ebbero a registrare 3400 vittime, tutti cittadini tedeschi ospitati in cinque istituti della Pomerania. Era stato il Gauleiter della Pomerania a decidere il loro trasferimento in ospizi della Prussia occidentale per liberare quelli sotto la sua giurisdizione, da lui ceduti alle SS in base ad un´intesa con Himmler. Questi affidò al maggiore Kurt Eimann l´incarico di far fuori i pazienti avvalendosi di un reparto speciale della SS. Il massacro venne portato a termine sistematicamente nell´arco di alcune settimane in una radura del fitto bosco di Neuhaus, facile da raggiungere con gli autocarri e al riparo da sguardi indiscreti. Tre militi delle SS scortavano ogni vittima fino al margine di una grande fossa comune scavata in precedenza; uno di essi esplodeva con la pistola un colpo alla nuca dello sventurato, facendolo precipitare nella fossa. Altri reparti, sempre formati da tre componenti delle SS, si alternavano al «lavoro» costituendo in pratica una catena. Gli autocarri, carichi dapprima delle vittime e al ritorno dei loro indumenti, partivano fra le 9 e le 10 e rientravano dopo le 15, con un «impegno» quotidiano di 5-6 ore per i carnefici, prescelti in base alla loro «solidità caratteriale ed ideologica». Alla fine vennero fucilati anche i prigionieri di guerra polacchi che avevano scavato la grande fossa e seppellito i cadaveri, e ciò allo scopo di eliminare testimonianze compromettenti. Da rilevare che, a conclusione del processo a suo carico celebrato nel 1966 a Hannover, il maggiore delle SS Eimann venne condannato a quattro anni di reclusione già scontati con il carcere preventivo e tornò quindi in libertà.

Dal punto di vista cronologico, i pazienti degli ospizi della Pomerania «evacuati» dalle SS (fra i quali quello di Meseritz-Obrawalde, che assurgerà ad una triste celebrità qualche anno dopo) sono le prime avanguardie delle vittime dell´eutanasia nazista. L´eccidio del bosco di Neuhaus venne infatti perpetrato in un periodo in cui era stata appena adottata la decisione di fare di Grafeneck, ad un migliaio di chilometri di distanza, il primo teatro delle esecuzioni dei malati, inaugurate nel gennaio 1940.

Heilanstalt Owinska, Poznan Nel dicembre 1939 seguì la deportazione degli ospiti (ebrei e cittadini polacchi) dell´istituto di Tiegenhof ad opera di un reparto delle SS, che non fornì informazioni sulla destinazione. Gli autocarri adibiti al trasporto compivano due viaggi al giorno, per cui la distanza da coprire era limitata. Non di rado gli sgherri di scorta mostravano al rientro segni di lotta, evidentemente contro le vittime. I parenti ricevevano una notizia del trasferimento in un istituto lontano e, poco dopo, la comunicazione della morte. In conseguenza di tale evacuazione, a Natale gli ospiti della struttura erano ridotti a poco più della metà; ben 595 furono quelli deportati su un totale di 1.236.

Per quanto riguarda le modalità delle esecuzioni, risulta che l´operazione Tiegenhof fu l´occasione per l´inaugurazione delle camere a gas mobili, una variante di quelle fisse in approntamento, in quel periodo (i trasporti vennero effettuati dal 7 al 19 dicembre 1939), a Grafeneck, Brandenburg, Sonnenstein e Hartheim. Nella prima versione l´impianto consisteva in un rimorchio a chiusura ermetica, collegato mediante tubazioni a bombole di gas sistemate sulla trattrice. Le vittime venivano fatte salire sul rimorchio, le cui porte venivano chiuse; quindi, aperte le valvole della bombola, il gas affluiva all´interno. All´arrivo le porte venivano aperte e le vittime venivano gettate nelle fosse già preparate.

Le camere a gas mobili soppiantarono ben presto le esecuzioni di tipo classico, per così dire artigianale, come quelle dirette dal maggiore Eimann. I nuovi mezzi di distruzione della vita umana entrarono in dotazione del «Sonderkommando» Lange, un commissario di polizia e capitano delle SS già in forza alla centrale di polizia di Poznan. Nel marzo 1940 il distaccamento da lui comandato prelevò 240 infermi dall´ospizio di Wartha, nella Slesia, per trasferirli, secondo Lange, nel governatorato generale polacco. A sessanta pazienti per volta, vennero effettuati 4 viaggi a bordo di autocarri dotati di impianti per la gassazione; dei passeggeri non si ebbero più notizie. In maggio il distaccamento Lange entrò in azione al Lager di Soldau sorto sulla linea ferroviaria Danzica-Varsavia come centro di transito ma anche di annientamento per l´intellighenzia polacca, per gli ebrei e per i minorati psichici. Quest´ultima componente si accrebbe notevolmente per l´afflusso di 1558 tedeschi provenienti da quattro istituti della Prussia orientale, sgomberati d´autorità. Nel giro di due settimane, a gruppi di quaranta per volta, gli sventurati compirono il loro ultimo viaggio, che peraltro provocò complicazioni burocratiche di natura finanziaria. Il tenente generale delle SS Redieß aveva concordato con gli organi superiori delle SS a Posen (Poznan) il pagamento di un contributo di 10 marchi per ogni paziente «evacuato» dal distaccamento di Lange, il quale dal canto suo aveva ricevuto 2000 marchi a titolo di rimborso spese.

Il comando competente di Posen si rivolse a Redieß, che nel frattempo si era trasferito ad Oslo, per il saldo della somma complessiva di 15.580 RM per i 1.558 pazienti trasferiti, ma il destinatario contestò l´esistenza di un accordo del genere, trattandosi di una missione compiuta nell´interesse del Reich per cui l´eventuale contributo poteva essere sollecitato soltanto dalle autorità provinciali e non dal comando locale competente delle SS, come richiesto. La richiesta di intervento del capo di S.M. delle SS, gen. Wolff, rimase senza esito anche dopo un sollecito a sette mesi di distanza. Non è noto l´esito della vertenza.

Con lo «stop» sanzionato a livello semiufficiale da Hitler, non si chiuse il tragico capitolo dell´eutanasia nel territorio del Reich, anzi se ne aprì uno nuovo, quello che potremmo definire della «eutanasia selvaggia» perseguita con la progressiva riduzione del vitto negli ospizi e con iniezioni mortali di morfina e scopolamina. Dai loro posti di comando nelle singole strutture ospedaliere, i medici paladini della distruzione delle «vite senza valore» continuarono la loro attività. I «superperiti» Nitsche, Heinze e gli altri disapprovavano i nuovi metodi di uccisione, trovandoli barbari, ed esprimevano nostalgia per la precedente organizzazione accentrata, tanto più che era venuta a mancare la ricerca che in passato era servita da copertura alla strage. Ma la loro disapprovazione aveva un sapore accademico di fronte alla dilatazione, in alcuni casi, del numero delle vittime rispetto alla fase precedente, come ad esempio si verificò all´istituto Steinhof di Vienna. Non v´è dubbio d´altra parte che l´affamamento dei pazienti attuato in molti convitti finì per prolungare le sofferenze dei condannati portati con questo metodo ad una «lunga morte», in pieno contrasto quindi con la definizione ufficiale dell´eutanasia. Proprio per il suo carattere selvaggio», non è stato comunque possibile stendere un bilancio attendibile dei costi in vite umane di questa seconda fase semi-clandestina, ma non c´è dubbio che le vittime furono parecchie migliaia.

Altrettanto difficile è stilare un bilancio dell´operazione in Polonia, tanto più che lo svuotamento dei manicomi e degli istituti di assistenza venne affidato alle «SS» con i suoi nuclei mobili di intervento. Le quali furono così in grado di ampliare ulteriormente la sfera di potere di cui già disponevano. Tutti gli eccidi di cui sono rimaste tracce in Polonia recano infatti la loro firma.

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