La volontà di Hitler è legge?
Insorge un «pretore d´assalto»

Rendendosi interpreti del disagio dell´opinione pubblica, non pochi cittadini si erano rivolti alla giustizia, chiedendo che fosse fatta luce su quanto accadeva negli ospizi e che gli eventuali responsabili di azioni illegali venissero puniti. Iniziative del genere vennero segnalate non solo nel Württemberg ma anche in tutte le zone in cui operavano gli istituti adibiti alle gassazioni, sei in totale, e cioè quelli di Brandenburg a Berlino, Bernburg presso Coburgo, Hartheim presso Linz, Sonnenstein a Pirna in Sassonia e Hadamar a Limburgo, oltre a Grafeneck. Con le loro aree di influenza essi coprivano l´intero territorio del Reich, la cui popolazione, in subbuglio dopo aver scoperto le oscure trame del regime, voleva ora «sapere». Alcuni gerarchi del partito unico, interpellati dai cittadini, si limitarono a glissare richiamandosi al fatto che in tempo di guerra la mortalità inevitabilmente aumenta. Erano però in molti a pensare che all´origine della moria negli ospizi fossero i gerarchi stessi ed a sollecitare l´intervento della magistratura, se non altro per accertarne le reazioni. Le procure della repubblica, investite degli esposti dei cittadini chiedevano consiglio ai magistrati di rango più elevato, e questi ultimi al ministero che si limitava a non rispondere anche quanto i quesiti posti avevano una notevole rilevanza giuridica, ad esempio per quanto riguardava l´applicazione della legge contro la diffusione di voci tendenziose atte a turbare l´ordine pubblico o nocive all´interesse dello stato. Si era infatti parlato di atroci esperimenti umani negli istituti (esperimenti che verranno realmente compiuti qualche anno dopo nei KZ ai danni dei detenuti), ma la magistratura, sollecitata ad intervenire contro i propalatori delle voci, era rimasta bloccata dall´impossibilità di chiarire la situazione di fatto. Era stato altresì sollevato il problema dei pazienti sotto tutela in quanto i giudici competenti erano ostacolati nell´esercizio della loro carica.

Dr. Lothar Kreyssig (1898-1986) Su questo problema si era soffermato in particolare il dott. Lothar Kreyssig, pretore e giudice tutelare del circondario di Brandenburg-Havel, il quale volle illustrare la situazione direttamente al ministro della giustizia. Tenuto conto del fatto che in Germania operavano all´epoca 1.400 giudici tutelari, il magistrato si disse sicuro di essere stato preceduto da molti altri colleghi nell´esposizione del problema. Gli fu risposto che egli era l´unico giudice fino allora intervenuto su questo tema, evidentemente ritenuto scottante in quanto coinvolgeva l´operazione eutanasia.

In effetti, Kreyssig, in un precedente esposto, aveva rilevato sarcasticamente che il codice civile non prevedeva la necessità di un consenso del giudice tutelare nell´evento di una condanna a morte e dell´esecuzione del suo protetto al di fuori delle garanzie legali. A suo avviso, comunque, il tutore togato avrebbe avuto in un caso del genere il dovere di intervenire, in difesa del suo protetto e della legge. Contestava poi recisamente la dottrina in auge a quel tempo nei circoli dominanti, secondo cui la giustizia si identifica nell´utilità per il popolo. Non si vede come, in omaggio a tale principio - osservava egli - debbano essere soppressi gli alienati, privi di colpe, risparmiando i malvagi pertinaci.

Il magistrato lamentava altresì il fatto che, in applicazione di quella dottrina, interi settori della vita collettiva fossero stati esclusi dall´area della legalità, come era accaduto per i campi di concentramento. Ora l´area dell´extra legalità, proseguiva l´esposto, aveva investito anche gli istituti preposti alla cura ed all´assistenza degli infermi.

Per quanto concerne il problema dell´eutanasia, egli non mancava di riferirsi alla dottrina di Binding

ma sottolineava che un ordinato procedimento avrebbe dovuto prevedere un decreto dell´autorità giudiziaria sulla base di una perizia accompagnatoria e la possibilità per il congiunto interessato, in un primo tempo di un ricorso corredato dalle sue controdeduzioni, nonché infine dell´appello contro una sentenza contraria alla sua tesi. Soltanto in questo modo, pur rimanendo ardua l´estrema decisione per i problemi di coscienza coinvolti, veniva assicurata la potestà del diritto. Tutto ciò manca - rilevava il giudice - nell´odierna situazione: chi ha la sventura di dover ricoverare un proprio caro in un istituto psichiatrico, ignora del tutto i criteri in virtù dei quali il paziente, a titolo di esempio, dovrebbe o non dovrebbe rientrare nel novero di quelli da eliminare. Tutto ciò che sa è di dover far conto - osservava egli infine - di ricevere un giorno l´annuncio dell´inattesa dipartita del congiunto e la richiesta di disporre in merito all´urna cineraria, mentre si può solo immaginare il turbamento dei ricoverati.

Si tratta di una presa di posizione lucida e congruente con il convincimento di uno schietto servitore della giustizia - oggi lo definiremmo un «pretore d´assalto» - senza peli sulla lingua anche per quanto riguarda l´argomento «tabù» dei «Lager», nei quali effettivamente non aveva più vigore la legge dello stato ma quella delle SS, dotate anch´esse di giudici, ovviamente di parte.

Kreyssing intervenne personalmente presso l´ospizio di Brandenburgo per contestare ogni fondamento legale all´eutanasia. Il sottosegretario alla giustizia Freisler, che apparteneva alla schiera di coloro che sostenevano l´opportunità di una regolamentazione legale del problema, invitò il pretore a presentare una denuncia per omicidio contro il capo della Cancelleria del Führer Bouhler, dirigente dell´operazione eutanasia, ma il passo rimase ovviamente senza esito. Il giudice, comunque, si fece vivo presso vari ospizi dell´area berlinese per porli in guardia contro ogni trasferimento degli ospiti soggetti alla sua tutela.

Il ministro della giustizia Gürtner, unico membro non nazista del gabinetto, non sapeva che pesci pigliare di fronte alle iniziative di Kreyssig e di altri magistrati in difficoltà, finché fu finalmente informato dallo stesso Bouhler dell´editto di Hitler sull´eutanasia e poté provvedere a renderne edotti i procuratori generali delle singole regioni. Convocò anche Kreyssig per porlo a sua volta al corrente dell´esistenza del documento con la firma autografa del dittatore, di cui gli presentò una copia. Il pretore, dopo aver esaminato attentamente quel pezzo di carta, fece sapere di non poterlo considerare quale fondamento giuridico dell´eutanasia. Scandalizzato, il ministro replicò che la volontà espressa dal Führer doveva essere considerata legge e citò l´esempio di una dichiarazione fatta in sede conviviale da Hitler che, raccolta da una degli astanti, era stata tramutata in un provvedimento divenuto sollecitamente operativo. Chi non riconosceva forza di legge alla volontà del capo dello stato non poteva continuare a rivestire la carica di magistrato, aggiunse il ministro, disponendo che l´interlocutore venisse collocato a riposo. Questo episodio segnava il culmine degli sviluppi che avevano accompagnato la graduale prostituzione della giustizia allo stato totalitario nazista e che si accentueranno, dopo la scomparsa di Gürtner, con l´avvento al dicastero del fanatico Freisler. Quale presidente del tribunale speciale del regime, questi si renderà responsabile verso la fine della guerra di una serie di condanne a morte di stampo prettamente terroristico.

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