Il «Führer» sospende l´operazione «aiuto alla morte»

La denuncia del vescovo di Münster non rimase un fatto isolato; altri prelati e sacerdoti si associarono alla vigorosa condanna dell´eutanasia. Il 24 agosto 1941 il Führer diede ordine di sospendere l´operazione dopo aver constatato che la situazione era divenuta insostenibile una volta venuta meno la segretezza dei relativi piani con la conseguenza delle reazioni fortemente negative all´interno, e ciò proprio nel momento in cui le truppe germaniche erano duramente impegnate nella guerra all´est. Nel contempo la mancata legalizzazione della procedura aveva provocato non pochi inconvenienti all´apparato giudiziario, posto di fronte a problemi di difficile soluzione.

D´altro canto, nell´imminenza del varo dell´operazione non erano mancate le iniziative volte a dare una veste legislativa alle eliminazioni dei minorati incurabili negli ospizi. Un primo abbozzo, elaborato nell´agosto 1939, prevedeva l´«aiuto alla morte» a richiesta del malato sofferente, purché convalidata da un medico espressamente autorizzato, ovvero anche senza tale richiesta nel caso di malati di mente incurabili ricoverati in permanenza in istituti di cura e non in grado di condurre una esistenza autonoma. Poco dopo il medico personale di Hitler, Morell, elaborò una perizia sul tema dell´annientamento della «vita senza valore» accompagnata da una sua proposta di legge in favore di misure eutanasiche, vincolandole comunque alla segretezza amministrativa per evitare le reazioni dei congiunti. Nella primavera del 1940, con le gassazioni in pieno corso, il problema venne fatto oggetto di un nuovo dibattito fra i massimi responsabili della macchina di morte ed i periti medici affiancati dal rappresentante del ministero dell´interno, Linden, e dal capo della Cancelleria del Reich, Lammers. Questi, assieme a Linden, aveva presentato un´altra proposta di legge imperniata su un periodo di osservazione del malato: due anni, da utilizzare per un tentativo approfondito di recupero, prima dell´eventuale condanna. C´era stato poi un intervento di Heydrich, capo del servizio di sicurezza, che, precorrendo i tempi, suggeriva di «aiutare a morire» gli asociali e i malati estranei alla comunità nazionale. Il testo, sottoposto alla fine ad un´assemblea di trenta persone fra medici, giuristi, esperti della «T 4» e funzionari dell´apparato sanitario, venne approvato; per quanto riguarda la proposta avanzata da Heydrich, fu consigliata una legge a parte. Il provvedimento, intitolato «Legge sulla fine delle sofferenze degli ammalati incurabili e degli inabili alla vita», prevedeva effettivamente un biennio di osservazione per le persone con gravi handicap o affette da malattie senili ed il ricorso ad appropriate terapie, subordinando ad un loro eventuale esito negativo l´entrata in azione di medici autorizzati ad attuare l´eutanasia.

Hitler, al quale venne inoltrato questo testo, lo bocciò adducendo l´opportunità di rinviare alla fine vittoriosa della guerra il varo della misura, per non offrire il fianco alla propaganda ostile e alla stampa statunitense. È possibile che fosse deluso per il mancato appoggio alla proposta di legge di Morell, suo medico personale, forse meno macchinosa e quindi preferita dal Führer. Vero è che il dittatore avrebbe potuto accampare sin dall´inizio l´argomento dell´inopportunità della misura nella situazione del tempo e tagliare cosi corto alle consultazioni.

Philipp Bouhler, chief of Hitler´s private chancellery Verosimilmente egli voleva dare inizialmente un contentino ai «garantisti», intendendo con questo termine coloro che facevano affidamento sull´esistenza di una misura legislativa non tanto a tutela delle persone colpite quanto a salvaguardia della propria impunità, ma anche coloro, soprattutto fra i giuristi, che lamentavano gli inconvenienti derivanti alla giustizia e all´apparato giudiziario dalla carenza legislativa nel settore. Alla fine prevalse il criterio propagandistico: la mancata regolamentazione giuridica venne presentata come una conferma delle voci secondo cui Hitler non era al corrente di quanto avveniva a Grafeneck e negli altri ospizi ed aveva perciò ordinato lo «stop» al programma dell´eutanasia. Naturalmente, tale «stop» non fu ufficiale, come non era stato ufficiale l´avvio del programma stesso sulla base dello scarno editto firmato un anno prima. Hitler, comunque, non si lasciò distrarre dal perseguimento degli obiettivi prefissati: le esecuzioni continuarono per alcuni mesi ancora in Germania fino al completamento del traguardo previsto. L´operazione venne anzi rilanciata ed intensificata nei territori occupati dell´est.

A raccapricciante dimostrazione della continuazione della strage dopo lo «stop» è da citare la «festa aziendale» svoltasi nell´istituto di Hadamar per celebrare il raggiungimento del traguardo della decimillesima salma. Tutto il personale, medici in testa, si era radunato nei locali della mensa, ove era stata sistemata al centro una bara occupata non già da un fantoccio bensì da una salma vera sormontata da un grande cartello recante il numero progressivo 10.000. Al termine di una serie di brindisi innaffiati con boccali di birra, il cadavere fu trasferito al forno crematorio. Qui, prima di finire tra le fiamme, venne fatto oggetto di un servizio funebre in chiave farsesca, officiato da un fuochista travestito da prete.

Se lo «stop» del capo del nazismo aveva provocato, nel giro di alcuni mesi, l´interruzione dell´attività delle camere a gas nei sei ospizi che ne erano dotati, la stessa sorte non toccò alle sezioni speciali pediatriche entrate in funzione allo scoppio della guerra. Fra le vittime, in grande maggioranza di età fino ai 16 anni, anche alcuni adulti, tutti eliminati con il sistema tradizionale. Particolarmente ben dotata la sezione specialistica pediatrica del complesso di Brandenburg-Görden, con oltre mille fra bambini e ragazzi. L´attrezzatura della sezione stessa era tale, secondo le autorità, da consentite lo svolgimento di una intensa attività di «ricerca in campo terapeutico».

Karl Brandt, Hitler´s favourite Doctor L´ordine, verbalmente impartito dal dittatore a Brandt e da questi comunicato poi a Bouhler e agli altri gerarchi, di fermare l´eutanasia permetteva ai responsabili dell´operazione di stilare il bilancio ufficiale. Il documento indica in 70.273 il numero delle persone eliminate fino al 1 settembre 1941. La ripartizione per singoli istituti è la seguente: 9.839 vittime a Grafeneck, che operò soltanto nel 1940; 9.772 a Brandenburg, (anch´esso operante solo nel 1940); 8.601 a Bernburg (entrato in funzione solo nel 1941); 18.269 a Hartheim (di cui 9.670 nel 1940 e 8.599 nel 1941); 13.720 a Sonnenstein (5.493 nel 1940 e 7.777 nel 1941), e 10.072 vittime a Hadamar, entrato in funzione nel 1941. Sino alla fine del 1941 furono 93.521 i posti letto liberati per nuovi impieghi, di cui 31.058 per ospedali di riserva. Poiché i letti occupati da infermi di mente erano originariamente 282.696, ciò significa che un letto su tre fu reso «disponibile».

A Grafeneck, donde erano giunte le prime indiscrezioni destinate a smascherare la congiura del silenzio ordita dalle autorità a copertura di una strage di stato in atto, la camera a gas venne posta fuori uso per ordine di Himmler alla fine del 1940. Il personale venne trasferito a Hadamar non appena l´istituto venne attivato dalla «T 4»; anche in quella località, come a Grafeneck, la popolazione si era resa ben presto conto del «lavoro» che vi veniva svolto.

Bernburg, Brandenburg, Sonnenstein e Hartheim mantennero intatti i loro impianti anche dopo l´arresto delle operazioni.

Dobbiamo ad un solerte funzionario distaccato a Hartheim anche un altro bilancio della carneficina, questa volta riferito alla parte finanziaria e cioè al «risparmio realizzato per l´economia nazionale», calcolato in 885.439.300 Reichsmark nell´arco di dieci anni per il solo settore dell´alimentazione.

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